Da Little Big Planet – Il videogioco creato dagli utenti di Francesca Comunello e Simone Mulargia (p. 94 di Brand Care magazine n° 004): le considerazioni di premessa di Simone Mulargia.
“Se la serialità la fa il pubblico e non è incorporata nei testi, lavorando in questa direzione, si osserva con interesse produzioni che non si occupano di un contenuto, ma prediligono la creazione di un ambiente.
L’esempio di Romanzo Criminale funziona molto bene.
In casi come questo si crea un ambiente e si offre, attraverso l’utilizzo di piattaforme differenti, la possibilità all’utente di fruire non tanto di un contenuto, quanto piuttosto di un’atmosfera, della possibilità di fare esperienze trasversali rispetto ai “testi” canonici, attivandoli su piattaforme molto differenti.A partire da un film , a partire da una fiction di successo, molto spesso germogliano produzioni, legate per esempio, al mondo dei videogiochi, in cui l’utente riconosce degli elementi di alfabetizzazione, come la serializzaione e il genere, di vicinanza al testo originale, che gli servono a crearsi delle aspettative e fanno quasi da interfaccia nei confronti del contenuto, ma che in tale contesto vengono “vissuti” e percepiti in maniera del tutto diversa.
Esempio classico: videogioco in 3D.
La casa di produzione lascia il codice sorgente, quindi consente agli utenti di utilizzare il motore grafico. Gli utenti prendono il motore grafico e “cuciono addosso” ai modelli ciò che in termini tecnici si chiama texture, skin, di personaggi appartenenti ad alcune serie TV. In questo modo la serialità si “sporca” mentre viene diffusa, si polverizza fino a diventare proprio un ambiente, qualcosa che va vissuto, che va agito, più che un consumo o un oggetto di cui ci si debba appropriare.”
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Posted on: mercoledì, marzo 24th, 2010 by redazione
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